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Gerusalemme: quando la Fede incontra le Istituzioni

Fede e politica, un tema che ormai da tempo vede confrontarsi esponenti politici e religiosi di tutto il mondo. Un confronto che si ripresenta sempre più spesso sui tavoli dei governi e dei parlamenti di tutto il mondo. In tal senso, quello su cui da sempre ci si interroga è: “Come condividere il Vangelo con coloro che operano in politica”.

Sono diversi gli ambiti in cui la testimonianza cristiana sta lavorando per fare breccia, con l’aiuto dello Spirito Santo, tra le falde lapidarie di una società sempre più in declino; complice anche l’ateismo dilagante ed il relativismo. Anche per questo, negli ultimi anni, i cristiani di tutto il mondo stanno avvertendo la necessità di portare il messaggio del Vangelo anche all’interno delle istituzioni, lì dove i governi legiferano per le nazioni.

In un mondo nel quale la politica deve fronteggiare la crisi economica, i problemi sociali, la criminalità e le guerre, la povertà e le ingiustizie, ci si chiede come si possa trovare una soluzione senza rifarsi alla guida di Dio. Così, nel 2009, è nato “Parlamento y Fe, un movimento cristiano nato con un obiettivo ben chiaro: portare il messaggio di salvezza in Gesù Cristo, il Signore, nel mondo della politica, per cambiare i cuori di chi fa le leggi. A tale scopo, ogni anno, in diverse pari del mondo vengono organizzati seminari, conferenze, dibattiti e riunioni di edificazione su questo tema.

E quest’anno, il maggiore dei convegni, si è tenuto a Gerusalemme, dal 4 al 6 settembre. Un evento, questo, che ha visto la partecipazione di delegati di tutto il mondo che si riconoscono negli ideali cristiani e che intendono portare sul tavolo del dibattito internazionale il tema del cristianesimo nelle istituzioni. Gerusalemme, da sempre il centro delle tre grandi religioni monoteiste, è stata ripresentata, in questa occasione, quale polo mondiale del cristianesimo.

Il dibattito si è concentrato su diversi temi che da sempre interessano le istituzioni e i movimenti cristiani; come: la famiglia, l’opera di Dio nelle Nazioni, l’economia, l’immigrazione e l’annuncio del messaggio della salvezza eterna. Ed anche se in merito, da sempre, si susseguono idee e posizioni differenti – espressione di sensibilità mutevoli nel tempo – ciò che è certo è che bisogna vivere il “Grande Mandato” in maniera personale, coerente e costante, non demandando alle istituzioni il ruolo che è della Chiesa di Cristo.

A ciò, però, si aggiunge, il desiderio di vedere l’opera di Dio anche tra i governanti, vivendo (tra le altre) anche l’esortazione di Paolo a Timoteo: «Ti raccomando dunque […] che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Timoteo 2: 1,2).